Tutte le mie ali una per una

In questi ultimi tredici anni di voli in nanotrike, ho avuto la possibilità di provare diverse ali, ciascuna per un tempo necessario e utile a comprenderne le caratteristiche. Le ho volate tutte con lo stesso carrellino, il mio Strike-T (titanio) di cui non sono contento, di più, davvero non riesco a trovargli un difetto, almeno per l’uso che ne faccio.

La prima ala che ho usato è stata una farfallona Seedwings Funky, monosuperficie 17 mq da volo libero. Questa azienda austriaca, oggi non più in attività, produceva ali da volo libero già rinforzate nella chiglia e con cavetti maggiorati, in modo da poterle usare anche con i nanotrike. Aveva delle caratteristiche carine, i tubi dei bordi di attacco erano più corti della vela, ma sulla sezione terminale di questi occorreva inserire un’asta in carbonio/fibra di vetro di circa un metro che, inserita a sua volta in un tirante agganciato al terminale della vela, produceva la “stondatura” dei terminali dell’ala che si vede in figura. Le stecche erano a scomparsa totale dentro la vela con il tensionamento che avveniva ruotando dei clip dentro delle piccole tasche sul bordo di uscita.

Era fatta davvero bene, un’ala da principianti, lenta (crociera 45/50 km/h), praticamente non stallava ma sprofondava dritta, atterrava da sola e così piano che ci si fermava in un vaso di gerani. Per contro le turbolenze si sentivano bene e con un po’ di vento contrario per fare 50 km ci volevano due ore! Essendo monosuperficie, l’efficienza non era proprio il suo forte, però era facile da montare e tutto in vista per i controlli. Unico grosso difetto: la grammatura del dacron tipica da volo libero e l’uso con il peso del nanotrike (e soprattutto il mio!) ha provocato un allentamento del tessuto fra la terza e la quinta stecca, con la parte posteriore monosuperficie della vela di quelle due sezioni che “flappeggiava” durante il volo.

La prima ala nanotrike dedicata è stata la Grif HS14 doppia superficie con la quale mi sono trovato subito a mio agio. Trimmata leggermente a picchiare rispetto la posizione neutra reggeva una buona crociera (50/55 km/h), nessuna difficoltà nelle piccole turbolenze, molto dolce nella risposta ai comandi, per niente dura nelle inversioni, precisa in atterraggio. Tutte le ali Grif per nanotrike sono pensate per essere aperte e chiuse facilmente e a prova di errore e io lo posso garantire visto che l’ho fatto ogni volta che ho volato e per dieci anni. Quindi classici cordini per tendere la vela sulle stecche, tubi di attacco tutti di un pezzo (ma si può accorciare come tutte le Grif), dacron di grammatura necessaria per non rovinarsi durante le operazioni di allestimento. Direi che la HS14 è stata un ottimo compromesso fra maneggevolezza e velocità, ancora oggi sarebbe un’ottima scelta soprattutto per un principiante, molto divertente.

Continuando ad aprire e chiudere l’ala ogni volta, ho pensato poi di passare al modello Zip, sempre della produzione Grif. Questa è una “falsa” monosuperficie, nel senso che il tessuto dell’intradosso copre appena il cross-bar, quindi non ha le stecche di intradosso e neanche il coprinaso, con il dacron che abbraccia il naso della chiglia appunto. Praticamente una doppia superficie al 35% (se ricordo bene) di 14.5 mq. Con questa ho stabilito il mio personale record di allestimento carrello/ala: 12 minuti da tutto smontato a terra a motore acceso! Una comodità incredibile, paragonabile a quella del paramotore. In volo non differisce molto dalla precedente, con due anelli a picchiare manteneva la stessa crociera, un pelo più dura nelle virate, ma molto comoda e manovrabile in generale. Con queste caratteristiche è tranquillamente utilizzabile dai principianti, tanto che nella nostra scuola di volo, dopo aver fatto il volo solista con il biposto, il proseguo avviene principalmente con uno Strike dotato con questa ala.

Poi la sorpresa. Sono passato al modello Zoe, che sarebbe una Zip con la corda accorciata e un taglio leggermente diverso del bordo di uscita. Sarebbe dedicata ai piloti più leggeri, ma io mi sono trovato addirittura meglio rispetto la sorella maggiore: più veloce (sempre un po’ trimmata a picchiare, a me piace questa configurazione che fa guadagnare un po’ di velocità senza degradare in modo apprezzabile le altre caratteristiche). La superfice è ridotta a 12,8 mq. Bella reattiva, il carico alare più elevato aumenta il tasso di caduta minimo con il vantaggio di una resistenza ridotta a velocità più elevate. Se il pilota non è alle prime armi e non ha disponibilità di un hangar, Zoe tutta la vita! Mi ha davvero impressionato.

E poi è arrivata l’ammiraglia di casa, la 3DC, doppia superficie classica di 13,5 mq. Questa è l’ala buona per tutte le occasioni come il coltellino svizzero. Veloce (65 km/h trimmata leggermente a picchiare), docile nelle virate, buona veleggiatrice (spegnere il motore a 1000 m QFE e veleggiare dolcemente fino alla pista è una delle esperienze più rilassanti che si possono fare la sera al ritorno) non riserva sorprese. Tra l’altro se equipaggia un carrellino con le ruote semi-tundra, trimmata neutra e una trentina di cavalli, permette un uso fuori campo eccezionale: decolli cortissimi, atterraggi quasi ovunque, una libidine coi fiocchi! Insomma, se avete l’hangar e montate e smontate solo per andare ai raduni in auto, questa è l’ala adatta.

A dire il vero ho provato anche il proiettile di casa Grif, la Proto 11 mq: un po’ di motore dentro e barra tirata ho letto 115 km/h di indicata. Ma non è per tutti, anzi è per pochi: mooolto sportiva, quasi rabbiosa, deve essere pilotata sempre, l’autostabilità sul cabra/picchia è scarsa, le correzioni sono frequenti, insomma la velocità si paga eccome con questo poco peso appeso sotto. Roba da esperti con un buon pelo. Infatti aspetto da un po’ la sua versione “addomesticata” denominata HX con una vela da 12 mq, ma la messa a punto sta andando molto per le lunghe. Vedremo, intanto volo e godo.

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