Pavullo Meeting: the big Sunday
E fu sera (anzi notte fonda), e fu mattina (anzi, presto un bel po’). Metto la testa fuori dalla tenda, soffia appena un filo di garbino, alé si vola!
Dove si va? Solita pianificazione minimale: posto bello, controvento così al ritorno lo abbiamo nel culo (il vento!), rotta che non dia fastidio a tutti quelli che fra poco cominceranno a decollare per il rientro. Fanano, Sestola e le piste del Cimone dunque, basta risalire la valle del Panaro, impossibile sbagliare anche senza strumenti. Così appena il primo “torraiolo” sale in biga, tre trabiccoli si avviano baldanzosamente verso la 02 fra due ali di aerei. Io sono il primo al decollo, ci aspetteremo dietro la collina per metterci in formazione “in vista laterale”, così non mi perdo come al mio solito…
Decollo, faccio quota sull’asse pista, controbase destra, punto direttamente la collina, dietro di me vedo Tino iniziare la corsa, Massimo al punto di attesa. Superato il crinale, raggiungo la vecchia torre-campanile che ho notato nei voli precedenti e senza più vedere l’aeroporto, mi metto a circuitare nel fresco della mattina in attesa degli altri. Bello volare la mattina presto, sembra tutto immobile (quando arrivano quei due?), non c’è nessuno in volo (neanche il pomeriggio se è per questo), le rondini vengono a vedere chi cacchio sei (oh, ma si sbrigano?), non c’è umidità, l’aria è tersa e puoi vedere fino al mare (orcavacca mi sa che non ho capito dov’era il ricongiungimento…), faccio un altro 360, guardo le stalle, neanche le mucche sono ancora uscite, forse le stanno mungendo (merda, non si vedono, mi sono perso un’altra volta).
Ok ho capito, torno indietro, non vedendomi spero siano tornati in aeroporto. Supero nuovamente la collina, aeroporto in vista ora, mi avvicino, cerco i delta: in volo niente, al parcheggio niente, alla fine noto un certo “armamentare a spinta” all’inizio del raccordo con il piazzale. Spingono il delta di Massimo verso il parcheggio: piantata in controbase con rientro planato sul prato, fine del volo. Mannaggia.
Va beh, niente di grave, Max, alla sua prima emergenza, se l’è cavata egregiamente, le caratteristiche dei nostri bolidi hanno permesso di completare il rientro anche con la poca quota accumulata e ha gestito ottimamente l’emergenza. Vedo Tino che si affretta verso il decollo, capisco che tutto va bene, si va in formazione ridotta. Cominciamo a risalire la valle, ogni tanto ci abbassiamo intorno ai piccoli paesini stretti intorno ai campanili, spaventiamo i piccioni, c’è un signore che zappa l’orto laggiù, una pompa aspira l’acqua da un fosso e la spara sul granturco formando una nuvola di goccioline che si colorano diffraendo la luce radente del sole. Dura la vita del minitriker!
Intanto Fanano si comincia a stagliare sullo sfondo, a sinistra mi sembra di scorgere la vetta dell’Abetone, saliamo ancora tagliando direttamente verso la torre del vecchio castello di Sestola, quando svalichiamo riconosco l’albergo vicino la grande rotatoria che tante volte mi ha visto ospite nelle giornate di sci, ormai tanti anni fa. I proprietari erano molto amici di Alberto Tomba, all’epoca sulla cresta dell’onda, ricordo ancora il tour dedicato al loro idolo: il posto a tavola, la tuta dei mondiali, gli sci (fortemente sciancrati, una chicca top secret all’epoca) regalati al figlio che faceva gare e le pantagrueliche mangiate serali con brindisi “a Tombaaaaa”.
Tino vira a destra, cominciamo a scendere verso Montecreto, ci avviciniamo al Cimone e si comincia a ballare. Segno che il Garbino si sta arrotolando fra i monti, rapida virata e si torna verso Sestola, niente piste da sci oggi, il fondovalle Panaro è decisamente più tranquillo.
C’è una bella valle laterale, ma lui decide di andare a pescare lungo il fiume. Effettivamente ci sono lunghi tratti senza ponti, senza attraversamenti di cavi, niente ostacoli, molto invitante pe runa passeggiata radente. Ma anche senza emergenze che non siano l’acqua e le pietre, si qualche praticello minuscolo qua e là, ma niente che io possa affrontare a cuor leggero, meglio osservare dall’alto e lasciar fare a lui che metterebbe giù il minitrike anche nell’orto di pollicino.
Alle solite 8.30 c’è già la fila ai decolli in aeroporto, noi abbiamo tutto il tempo per la colazione al bar, salutare gli amici, consolare il povero Max che in due giorni è riuscito a volare due minuti, smontare le tende e i minitrike, comprare carte aeronautiche (ebbene sì, qualcuno nello Stormo vola anche con roba molto più veloce…) e, con molta calma, ci si incammina verso la Pianura Padana “dei motori”. Abbiamo dimenticato niente? Tino: “Conosco un posticino prima di arrivare a Maranello…” Siamo sempre lo Stormo Buonappetito!