Lo stormo in volo: istruzioni per l’uso

di Tino Venturi

Siamo in due, abbiamo montato i nostri minimali, fatto il pieno ed il controllo pre-volo, scaldati i motori.
Meteo OK, conosciamo bene la zona, ci consultiamo su dove andare a svolazzare. Concordiamo per un round robin direzione mare, valutando con attenzione di non interessare spazi aerei controllati o vietati (carte Avioportolano e Sky Demon) ed avere sempre zone atterrabili in emergenza a portata di planata. Quota di volo a norma di legge, durata prevista 1 ora e 1/4, autonomia dei mezzi 2 ore e mezza.
Stabiliamo una “gerarchia”, nel senso che uno dei due fa strada e l’altro segue. Non avendo radio, il contatto visivo reciproco è la norma. Vale come al solito la regola del mutuo soccorso: se uno ha un problema (vedi piantata), l’altro l’assiste. Ma in che modo?


Fortunatamente le velocità dei nostri mezzi ci consente di metterli a terra senza troppi danni, almeno alla persona, anche su terreni non ideali. Dunque, un mezzo atterrato, l’altro in volo, per prima cosa occorre accertarsi che il pilota a terra stia bene. A questo scopo è fondamentale per chi è a terra, se tutto OK, uscire dal trike, camminare e fare gesti rassicuranti a chi è in volo. Restare fermo sul sedile, magari imprecando per i danni al ruotino, ma non avendo danni fisici, è una pessima cosa. Potrebbe indurre il compagno in volo ad un atterraggio affrettato (ed insicuro) per prestare soccorso immediato.
A questo punto una valutazione del campo è necessaria: permette un atterraggio del soccorritore in sicurezza? Soprattutto, permetterà di decollare in un secondo momento? Per avere queste certezze, si dovrà fare una doppia ricognizione sia in volo che al suolo da parte di soccorritore e soccorso. In caso di impossibilità (campo non idoneo), il soccorritore potrà atterrare in un campo più sicuro, anche se un po’ più lontano, per poi contattare via cellulare il compagno. Fatto il punto della situazione, la soluzione ovvia è quella di tornare in volo al campo, prendere l’auto ed andare a recuperare pilota e mezzo. Semplice? Sembrerebbe di sì, facendo le cose come si deve.
Ma se si vola in tanti assieme cosa succede? Quanti delta in volo si riescono a gestire in sicurezza?
In occasione di raduni o meeting ci è capitato di essere in volo in 8-10 contemporaneamente, con un “piano di volo” comune ma molto elastico…


“Alle dieci circa partiamo, andiamo di qui, di là, seguiamo il fiume, ritroviamo il campo e le tagliatelle”. E’ sempre andato tutto bene, ci siamo divertiti tanto, ma credo si possa fare di meglio.
La prima cosa che ho notato: è praticamente impossibile avere in vista contemporaneamente più di 4 o 5 delta, a meno che non ci si dia una regola. Solitamente ognuno si sceglie una quota di volo, questione di gusti. Chi sta bello alto, a volte oltre il limite di legge, chi “raspa” i campi (altrettanto vietato). Ed anche la rotta è a volte molto personale, vedi creativa. Insomma, uno di qua, uno di là, uno su, uno giù, evviva la libertà!
Bene la separazione dei velivoli, ma quando si esagera non va bene. Un minimale, come qualunque deltamotore, dispone di un ottimo campo visuale. Ottimo ma non totale: vi sono zone cieche, come la parte posteriore bassa e quella superiore nascosta dall’ala. Un delta che ne raggiunge un altro da dietro e da sotto non vede e non è in vista, il rischio di collisione è reale.
In virata l’ala interna abbassata nasconde lo spazio nel quale siamo diretti. Un mezzo in volo sotto la linea dell’orizzonte è molto meno visibile che contro il cielo. Sapere dove sono gli altri in ogni momento, è fondamentale per la sicurezza.


Escluso il volo in formazione per ovvi motivi, la fila indiana debitamente organizzata e distanziata può essere una soluzione. Ecco come si potrebbe fare.
Per prima cosa un briefing a cui tutti partecipano (cosa semplice ma sinora mai riuscita…) nel quale si decide il percorso, i punti notevoli da sorvolare, la quota da mantenere, l’orario di partenza del giro (decollo anticipato a discrezione ed attesa circuitando nelle vicinanze), le informazioni sul vento previsto, il tempo di volo ed autonomia richiesta, gli accoppiamenti in caso di problemi (vedi sopra) ed infine stabilire leader e “chiudi-gruppo” (la testa e la coda del serpente), magari anche l’ordine col quale accodarsi (non tassativo).
Il briefing andrà fatto almeno un’ora prima della partenza, per permettere a tutti di prepararsi senza pressioni. All’ora stabilita il leader si metterà in rotta, e tutti gli altri, già in volo, lo seguiranno alla stessa quota in fila indiana, a distanza reciproca di 100-200 metri e leggermente disassati a destra e sinistra alternativamente, per evitare turbolenze di scia. Gli ultimi due (i chiudi-gruppo) voleranno invece affiancati, distanziati da chi li precede ma anche fra loro, rimanendo in vista reciproca. Questo perché se dovesse piantare il motore all’ultimo della fila, non se ne accorgerebbe alcuno!
In caso di problema da parte di qualcuno, il gruppo proseguirà il giro serrando gli spazi rimasti vuoti, mentre il compagno (abbinamenti) presterà assistenza.
Per l’atterraggio, sempre in fila indiana, si effettuerà il circuito avendo cura di distanziarsi maggiormente allungando progressivamente il sottovento, e cercando di liberare pista appena a terra.


Una buona abitudine potrebbe essere quella del debriefing, nel quale discutere le fasi del volo, le eventuali criticità, le migliorie da introdurre.

Molte delle cose dette sono già la normalità per molti di noi, a qualcuno potranno sembrare banali. Tuttavia, visto che per un po’ dovremo accontentarci del volo “raccontato”, tanto vale parlarne.

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