Mezz’ora di storia al volo
Caldo, caldo caldo. L’ho già detto che è caldo? E quando è così caldo si vola al mattino presto e alla sera tardi con i nostri trespoli. A meno che non piaccia essere shakerati come il caffè estivo. Ma quell’oretta dopo le 19.00 regala certi colori che… come si fa a resistere?
Ecco, ieri sera non ho resistito e siccome avevo solo una mezz’oretta, ho progettato un giretto considerando i borghi più belli che avrei potuto raggiungere in così poco tempo. Ah, ovviamente con tutta la strumentazione di bordo: la macchina fotografica!
Decollo e prua a NO destinazione Tavoleto (PU). Questo è un borgo di origine medievale fortificato dai Malatesta, signori di Rimini, nei primi del 1300. Fu oggetto di continue contese tra questi e i Montefeltro di Urbino, che poi ne divennero signori fino al passaggio nello Stato Pontificio.
È posto sull’alto di un contrafforte montuoso sulla sinistra della valle del fiume Foglia e deriva il suo nome all’antica lavorazione del legname che, trasformato in tavole, veniva trasportato fino alle sorgenti del Tevere da dove “scivolava” fino a Roma. Cinta da antiche mura, non conserva più traccia della rocca che Francesco di Giorgio Martini progettò per il Duca Federico Montefeltro. La fortezza fu abbattuta nel 1865 e in suo luogo sorse l’attuale castello goticheggiante, già residenza nobiliare, palazzo Petrangolini.
E adesso virata verso NE per raggiungere Saludecio (RN).
E’ una roccaforte malatestiana al centro di una corona di castelli difensivi, ultimo baluardo riminese contro la vicina Urbino dei Montefeltro. L’assetto del centro rivela ancora oggi la sua struttura medievale, con il dedalo dei vicoli racchiusi dalla cinta muraria e le monumentali porte di accesso: porta marina e porta montanara, per la difesa verso il mare e verso l’entroterra. I secoli XIII e XIV vedono un’alternanza di potere, su queste terre, tra lo stato pontificio e la signoria dei Malatesta di Rimini. Poi, a seguito del tentativo di rivolta degli Ondedei di Saludecio (1336) contro Ferrantino, Malatestino e Guido Malatesti (fallito a causa di un tradimento) a Saludecio è imposta la totale dipendenza ai Malatesti.
Il XV secolo vede crescere e svilupparsi il progetto dei Montefeltro di Urbino sopra le terre di Romagna. Il già fragile equilibrio crolla nel 1462 quando, a seguito di questioni politiche di respiro nazionale, Federico da Montefeltro occupa Saludecio togliendolo a Sigismondo Malatesta, e lo riconsegna a allo Stato della Chiesa.
Nel 1504, dopo essere passato per le mani del duca Cesare Borgia, figlio di papa Alessandro VI, Saludecio è sottomessa al governo di Venezia, ma per breve tempo, visto che già nel 1508 i Veneziani restituiscono il territorio allo Stato della Chiesa e così rimarrà fino all’unità d’Italia.
Dai, dai, che sta per tramontare, virata decissa verso S e via verso la vicina Mondaino (RN).
Il toponimo sembra derivi dal gotico Mundawins, a sua volta derivante da Mund che significa luogo fortificato, ipotesi avvalorata anche dalla carta topografica disegnata da Leonardo da Vinci, nella quale è indicato col nome di Monda.
Il paese fu soprattutto un avamposto militare atto alla difesa delle zone di confine che, come le vicine Tavoleto e Saludecio, passò di mano fra il comune di Rimini e il ducato di Urbino. Acquistò importanza militare e civile con l’avvento dei Malatesta, signori riminesi che dominarono la Romagna meridionale e parte delle Marche fra il 1300 e il 1600, che ampliarono il castello e le sue fortificazioni. Le mura esterne prendono l’aspetto attuale nel XVI secolo, con la costruzione dell’odierno muraglione a scarpa, più adatto a reggere i colpi delle artiglierie rispetto alle precedenti mura verticali.
Della fine dei secoli XIII-XV secolo Sigismondo Malatesta la dotò di una elegante merlatura ghibellina e la fece il centro e baluardo della cinta muraria che contava ben 13 torrioni. La struttura della rocca, che si vede dietro Piazza maggiore, è semplice ma efficace tanto che Mondaino fu definito da Federico da Montefeltro “Luogo forte et importante, che a nessun patto può essere conquistato”. Nel suo punto più alto, da una terrazza si domina tutta la Romagna, il litorale pesarese e il Montefeltro; nel suo punto più basso si sviluppano serie di passaggi e condotti utilizzati a scopo militare. Attualmente la rocca è sede del municipio e dei Musei di Mondaino.
Piazza Maggiore, assai caratteristica, prende il suo aspetto attuale di forma circolare nel 1818 o nel 1820, contestualmente alla costruzione del loggiato a crescente, adiacente alla rocca.
E proprio lì di fianco, ma poco sotto (e il sole sta andando giù!), ecco Montegridolfo (RN), che ha una storia recente molto particolare che riporto così come l’ho trovata, perché merita.
Tutti le dicevano: «E’ una follia, non farlo, non ti conviene. Che te ne fai di un rudere?». Ma lei forte della sua dolcezza e della sua determinazione è andata avanti nel suo progetto. Si trattava di recuperare l’intero borgo medievale di Montegridolfo, un gioiello architettonico del Duecento, situato al confine tra la Romagna e le Marche, su quella linea che delimitava i possedimenti della casata dei Malatesta di Rimini e dei Montefeltro, signori della vicina Urbino. A far rinascere a nuova vita Montegridolfo è stata Alberta Ferretti, stilista e imprenditrice di Cattolica, che ha affrontato l’avventura, insieme a suo fratello Massimo e una cordata di amici e imprenditori.
Ora, Montegridolfo, con la sua «Torre della Porta», le solide mura di cinta, le semplici case che si affacciano sui vicoli che portano al palazzo gentilizio dei Viviani, è un diventato un posto affascinante, con venti residenti stabili e turisti che arrivano da tutto il mondo per soggiornare nella splendida quiete di quest’angolo dell’entroterra della Romagna. Montegridolfo è rinato nel ’94, dopo sei anni di duro lavoro, e adesso, che il borgo è meta nota anche all’estero, il rettore dell’università di Bologna, il professor Fabio Roversi Monaco, ha deciso di conferire ad Alberta Ferretti la «laurea ad honorem in conservazione dei beni culturali»,
Gli abitanti chiamano affettuosamente Piazza Maggiore “la padella”, a sottolineare la sua forma circolare, della quale Via Roma costituisce il manico.
E adesso è tramontato per davvero, non mi rimane che fare quota per il rapido rientro con prua a Sud, ma come si fa a non immortalare un simile quadro?
Sullo sfondo, da sinistra, si stagliano il Monte Catria, Acuto, il piatto Petrano sul quale mi diverto ad atterrare spesso, e la lunga catena del Monte Nerone con l’Alpe della Luna (ma lei oggi non c’è).
Che dire? Non mi rimane che l’ultima gioia della serata: su fino a 1000 metri sopra la nostra pista fino a rivedere il sole e spengo. Quasi 20 minuti di beatitudine.
Poco più di mezz’ora di volo a motore “regalati” da questo splendido accrocchio che nella sua attuale composizione comprende il carrello Strike-T con motore Cors-Air Black Devil 172 cc (a proposito, è stato anche il suo compleanno: 50 ore con due pulite alla candela!) e una splendida Grif 3DC Trofeo, Nikon D3300 e 2.5 litri di carburante. What else?
E adesso, scusate, devo fare un salto in Salento “conzato” con un’ombreta veneta… Alla prossima!